Terza età

La creatività è presente in ogni individuo, si sviluppa e arricchisce attraverso l’esperienza e non si esaurisce col tempo, anzi, proprio nelle fasi avanzate della vita, forzatamente contraddistinte da perdite fisiche e psichiche, può rappresentare per l’individuo un nuovo spazio di esperienza funzionale all’auto-affermazione e all’espressione vitale di sé.

Inoltre, le esperienze accumulate nel corso dell’esistenza, insieme con le affinate capacità di ascolto e sintesi, possono rendere questa fondamentale attività umana particolarmente feconda proprio nella terza e quarta età. Vecchiaia quindi non come fase di declino, ma come fase altra dell’esistenza, nella quale è ancora possibile scoprire e sperimentare, in un momento reso particolarmente propizio dall’attenuarsi dei vincoli e condizionamenti socio-culturali.

Le potenzialità che l’esperienza creativa offre non sembrano quindi intaccabili dall’età che avanza, anzi, come dimostrano diverse ricerche, le persone anziane abituate da lungo tempo a svolgere attività meccaniche e compiti esecutivi, se adeguatamente sollecitate, riescono a esprimere il loro potenziale creativo con ricadute positive in termini gestione gestione più gestione sana ed equilibrata della propria esistenza.

La riattivazione della creatività nella terza e quarta età rappresenta inoltre un compenso all’inevitabile riduzione progressiva delle funzioni sensoriali e neuromotorie.

Quando all’avanzare dell’eta si accompagnano inoltre patologie croniche neurodegenerative (Malattie di Parkinson e Alzheimer), sindromi dementigene di varia natura e demenze vascolari (es. post ictus cerebrali), l’Arte Terapia interviene sia sugli stati ansioso-depressivi reattivi alla patologia sia a scopo riabilitativo, cognitivo e manuale.

MALATTIA DI ALZHEIMER

La Malattia di Alzheimer è causata da un processo degenerativo che distrugge lentamente e progressivamente le cellule cerebrali, i sintomi clinici riguardano una progressiva compromissione delle facoltà mentali (memoria, ragionamento, linguaggio, orientamento spazio-temporale), tale da interferire significativamente con la vita quotidiana del paziente e dei suoi familiari, ai quali si accompagnano alterazioni della personalità e del comportamento come depressione, apatia, irritabilità, comportamenti aggressivi e agitazione psico-motoria.

Il malato di Alzheimer percepisce la graduale destrutturazione del suo Io e la progressiva perdita delle tracce del suo passato, a causa del deterioramento della memoria. Per questo tende ad isolarsi in una chiusura autistica, nel tentativo di difendersi dalle sensazioni di impotenza causate da una malattia, troppo dolorosa da sopportare. L’Arte Terapia può aiutare a rallentare la degenerazione delle facoltà cognitive e, allo stesso tempo, offrire dei momenti di benessere psicologico, lavorando sulle potenzialità residue.

Durante il processo creativo, il paziente è stimolato dal piacere di raggiungere una “forma estetica”, esplicitata nel prodotto artistico, tale da risultare di supporto all’Io e all’autostima, in quanto espressione dell’abilità residua del malato. L’opera del paziente, sostituisce le parole e lascia una traccia che può essere elaborata, nel pieno rispetto delle difese. Pur non potendo esserci fantasie di guarigione è comunque fondamentale poter offrire ai malati di Alzheimer un’attività in grado di sostenere le potenzialità residue e le emozioni, con l’obiettivo di ridisegnare i confini di un Io confuso e fragile.

Gli obiettivi primari dell’Arte Terapia nel malato di Alzheimer, possono quindi essere così riassunti:

  1. offrire benessere psicologico;
  2. stimolare le memorie del passato:
  3. favorire la liberazione di emozioni e sentimenti, anche quelli più dolorosi e tipicamente repressi;
  4. incoraggiare il senso d’identità e di autostima.

Nel trattamento del malato di Alzheimer attraverso l’Arte Terapia si possono utilizzare anche Tecniche Conversazionali (www.formalzheimer.it) appositamente ideate per facilitare l’emersione della parola e il dialogo in pazienti che, a causa delle caratteristiche della patologia che li affligge, tendono a comunicare sempre meno, fino ad arrivare all’afasia, con le immaginabili conseguenze negative in termini di benessere e qualità di vita. Gli interventi possono essere strutturati sia in forma individuale sia di gruppo.

MALATTIA DI PARKINSON

La Malattia di Parkinson è una patologia a evoluzione progressiva che consiste in un disturbo del sistema nervoso centrale caratterizzato dalla degenerazione di alcune cellule nervose responsabili della produzione di dopamina, neurotrasmettitore che controlla il movimento.

La sintomatologia principale comprende rigidità, bradicinesia, tremore, instabilità posturale e disturbi psichici come ansia e depressione.
La depressione è molto comune nella malattia di Parkinson: approssimativamente il 60% dei pazienti manifesta almeno un episodio di depressione indipendentemente dall’età, dalla durata e dalla gravità della malattia o dai deficit cognitivi.

Apatia, anedonia, sensi di colpa e di impotenza, rimorso e tristezza, perdita di autostima e di iniziativa, difficoltà mnesiche, di concentrazione e giudizio sono purtroppo frequenti in questi malati, insieme con la sintomatologia che spesso si accompagna alla depressione ossia ansia, attacchi di panico, agitazione, irrequietezza e irritabilità. Alla base della depressione nel paziente parkinsoniano risultano due ipotesi eziologiche: una “reattiva” alla diagnosi della malattia ed alla conseguente disabilità e l’altra definita “endogena biochimica” basata sulle modificazioni che investono il sistema dopaminergico e serotoninergico.

Per quanto riguarda l’ipotesi reattiva vengono descritti due picchi di incidenza, uno precoce alla comunicazione della diagnosi e il secondo allo stadio IV della Scala Hoen & Yar, che corrisponde al passaggio dall’indipendenza del soggetto alla necessità di aiuto. Si è inoltre osservato che la depressione è più frequente nelle forme bradicinetico-rigide della malattia rispetto a quelle tremorigene ed è spesso correlata a variazioni cliniche della patologia (fasi off).

A conferma della severità ed importanza della depressione nel parkinsoniano, già nel DSM-IV è stata inserita una nuova categoria diagnostica alla voce “disturbo dell’umore dovuto a una condizione medica generale”. E’ fondamentale che la depressione nel malato di Parkinson venga riconosciuta e trattata sia perché essa è stata recentemente considerata un fattore di rischio per una più rapida progressione della malattia e sia perché il suo trattamento può condizionare 
anche un miglioramento dei sintomi motori. Attraverso l’Arte Terapia è possibile attivare la capacità di elaborare il proprio vissuto e di trasmetterlo creativamente.

Il processo artistico consente infatti il recupero della propria creatività, in quanto forza vitale, e può favorire l’espressione di sentimenti talvolta non esprimibili a parole. Può scaricare ansie e tensioni, rafforzare l’autostima e il senso d’identità personale, può rendere più coscienti le emozioni veicolate dalle esperienze sensoriali e migliorare il rapporto con se stessi e gli altri. Attraverso uno strumento estremamente rispettoso delle difese personali, facilitante e in grado di attivare il piacere sensibile, si consente al malato di Parkinson un significativo sollievo alla sua situazione psicologica. La manipolazione dei diversi materiali artistici riattiva memorie corporee legate alla relazione primaria, in grado di risvegliare affetti perduti a causa della patologia.

Al contempo la rieducazione della motilità fine della mano trae beneficio, grazie all’uso mirato delle diverse tecniche artistiche, contrastando l’aprassia. Gli interventi possono essere strutturati sia in forma individuale sia di gruppo.